Stefano Garzonio
Capitolo:
331-332-333-334-335-336-337(339-340
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In un saggio dedicato al ruolo di Jurgis Baltrušajtis nel movimento simbolista russo Nikolaj Bogomolov (2010: 309-333) notava come il grande poeta lituano non sia stato prolifico come gli altri suoi coetanei simbolisti, Merežkovskij, Sologub, Bal'mont, Brjusov, Vjačeslav Ivanov, ecc., e che la sua opera, in definitiva, si riduce a due antologie di poesie, una in lingua russa, l'altra in lingua lituana, senza particolari apporti autobiografici (se si esclude la breve autobiografia pubblicata da S.A. Vengerov [Baltrušajtis 1914]), e con a sostegno una corrispondenza poco colposa e per di più priva di una esplicita predisposizione del poeta all'autoriflessione, alla descrizione dei propri modelli e dei principi poetici adottati.
Lo stesso nome di Baltrušajtis negli scritti memorialistici del tempo non appare con la stessa frequenza e il peso di quello degli altri corifei del simbolismo russo. La poetica di Baltrušajtis e anche la sua immagine paiono così costruirsi su di uno specifico modello di comportamento verbale ispirato al rifiuto della verbosità e incline al silenzio riflessivo e contemplativo.
Fino ad oggi non esiste un lavoro monografico esaustivo dedicato al poeta, traduttore e diplomatico, alla sua vita e alla sua opera, malgrado gli importanti studi apparsi sia in Lituania, sia in Russia 1.
1 Si vedano Grečiškin 1989, le edizioni Baltrušajtis 1983, 1989, le ristampe anastatiche con un volume di saggi Baltrušajtis 2005, la recente edizione dell'opera poetica in lituano Baltrušajtis 2013 e il volume di studi Baltrušajtis 1999.
Manca inoltre una cronaca dettagliata della sua vita, dei suoi viaggi, dei suoi contatti, dei suoi legami artistici e d'idee. Proprio in questa prospettiva, nell'indagine biografica, ma anche storico-letteraria e poetica, risulta di grande rilievo la disamina dei viaggi in Italia e dei contatti del nostro con i letterati italiani e la cultura italiana nel suo insieme. A questo si aggiunga che la corrispondenza di Baltrušajtis con gli italiani risulta nel suo complesso assai vasta e variegata e, caso di primissimo rilievo, ricca di quegli elementi di autoriflessione, dei quali lamentava la penuria Bogomolov nella corrispondenza russa
2.
2 Su Baltrušajtis e l'Italia si veda la bella voce Vassena, Malcovati 2009 sul portale Russi in Italia; si veda inoltre Garzonio 1999, 2008, 2009.
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Riassumo brevemente i dati fattuali relativi al rapporto di Baltrušajtis con l'Italia. Come è noto, Baltrušajtis aveva fondato, in collaborazione con Sergej Poljakov ed altri, la casa editrice "Skorpion", con il programma di pubblicare opere, russe e straniere, di ispirazione prettamente simbolista. Negli anni successivi aveva collaborato con importanti periodici letterari, entrando a far parte del comitato di redazione della rivista "Vesy" (La Bilancia), diretta da Valerij Brjusov, e pubblicata da "Skorpion" tra il 1904 e il 1909. Il nostro aveva inoltre intrapreso un'intensa attività di traduttore: oltre a un dramma di Ibsen, che fu la prima pubblicazione di "Skorpion", tradusse Oscar Wilde, Maurice Maeterlinck, Gerhart Hauptmann, August Strindberg, Knut Hamsun (Kotrelev 1985). Fra gli italiani, Baltrušajtis amò particolarmente Gabriele D'Annunzio, del quale tradusse, nel 1900, La città morta, La Gioconda e La Gloria; un decennio più tardi, Sogno di un tramonto d'autunno e Sogno di un mattino di primavera (cf. Colucci 1979). Non è da escludere che Baltrušajtis avesse conosciuto il Vate, durante uno dei suoi soggiorni italiani, malgrado non esistano documenti comprovanti tale circostanza.
Nel 1904 grazie a Michail Semënov si ebbe un contatto diretto tra il gruppo dei simbolisti moscoviti di "Vesy" e i giovani scrittori della rivista "Leonardo", in particolare con Giovanni Papini il quale, insieme a Giuseppe Prezzolini, ebbe un ruolo centrale nella fioritura delle riviste letterarie italiane d'inizio secolo (Kotrelëv 1978: 134-136; Aveto 2008).
In una lettera del 12 ottobre 1904 Semënov scriveva a Bijusov di aver ricevuto una corrispondenza dall'Italia di Papini e di tradurla per "Vesy" (Kotrelëv 1978: 135). Proprio tramite Semënov Baltrušajtis poté conoscere Papini a Firenze nel dicembre 1904 (la prima lettera di Baltrušajtis a Papini a noi nota è datata 24 dicembre 1904). Ne nacque un'amicizia intensa e lunga nel tempo, come mostra la ricchissima corrispondenza, particolarmente intensa negli anni 1905 e 1906, ma sempre viva fino al 1914 e con qualche ripresa anche più tardi 3.
3 Le lettere di Baltrušajtis a Giovanni Papini sono oggi conservate presso l'archivio della Fondazione Primo Conti. Centro di documentazione e ricerche sulle avanguardie storiche di Fiesole.
Sempre in questa prospettiva risultano di grande interesse i contatti con Giuseppe Prezzolini, Giovanni Vailati, e poi Giuseppe Vannicola, Ardengo Soffici (interessante lo scambio di opinioni tra Papini e Soffici su Baltrušajtis nel loro carteggio: lettere 45-47 [Papini, Soffici 1991: 72sgg.]), Emilio Cecchi, Giovanni Amendola e la moglie di quest'ultimo, Eva Kühn, originaria proprio di Vilnius che poi tradurrà in italiano le poesie del nostro: La scala terrestre, Baldoni, Firenze 1912 (cf. Garzonio 2008). Un capitolo a parte è quello con gli artisti italiani che collaborarono poi con "Vesy": L. Brunelleschi, R. Costetti, A. de Carolis, A. Spadini e altri.Ma concentriamoci adesso sul sodalizio del nostro con Papini anche al fine di verificare se veramente Baltrušajtis avrebbe evitato qualsiasi forma di autoriflessione su se stesso e sulla propria opera letteraria. È opportuno sottolineare in primo luogo il ruolo importantissimo svolto da Baltrušajtis nell'esperienza letteraria e spirituale di Papini. Il suo biografo Roberto Ridolfi annota:
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Soprattutto fecondo fu per lui [Papini, S.G.] il sodalizio con il Baltrušajtis, che, vedendo il suo fanatismo per Dostoiewski, attendeva a insegnargli la lingua russa, ed ad aprirgli sempre più lo scrigno di quella letteratura. Fece di tutto per aiutarlo, mosso dal suo ingegno e dalla sua povertà; infine riuscì a farlo nominare corrispondente letterario per l'Italia della rivista `Vesy' di Mosca... (Ridolfi 1987: 51).
Lo stesso Papini ebbe a scrivere di Baltrušajtis in un ritratto memorialistico su di lui:
Nel remotissimo 1904 apparve nella mia vita la cara figura, mai dimenticata, del poeta Jurghis Baltrusaitis. Lo incontrai a Firenze in quel caffè delle Giubbe Rosse dove, in quegli anni lontani, si udivano e si leggevano tutte le lingue d'Europa. Era, a quel tempo, un giovane sulla trentina, forte e dritto, con un viso che pareva perpetuamente bruciato dai ghiacci del polo o dal sole dell'equatore e dove splendevano due occhi chiari, sereni, azzurri che sembravano occhi di angelo in esilio incastonati nella figura di un rude pastore del Settentrione. L'espressione della faccia era seria, a momenti severa e quasi minacciosa ma se per caso sorrideva si scopriva con meraviglia, in quel volto già tormentato dal dolore e dal pensiero, la divina luce della fanciullezza. Si diventò amici in pochi giorni, come avviene in quella beata età che corre dai venti ai trenta (Papini 1948: 155).
A detta di Papini Baltrušajtis tra i russi prediligeva Lermontov (declamava spesso brani del Demone) e Tjutčev. A lui e a Vailati egli impartiva lezioni di lingua russa due volte la settimana:
... vedendo la mia grande ammirazione per Dostojevski gli venne la voglia d'insegnarmi il russo e io fui lieto di avere un tal maestro. Aveva un metodo tutto suo, che si fondava sopra una singolare teoria: tra il russo e l'italiano non c'era, secondo lui, quasi nessuna differenza. Io scherzavo volentieri su codesta sua fissazione e lui, per convincermi, doveva ricorrere a complicatissimi alberi genealogici di radici e di etimi, sì da giungere a un primigenio monosillabo o bisillabo dal quale derivavano, attraverso infinite variazioni, parole russe e italiane di simile significato (ivi: 157).
Dal brano memorialistico veniamo anche a sapere che Baltrušajtis invitò Papini a Rimini presso l'albergo Villa Adriatica:
Nel 1905 andò con la famiglia al mare di Rimini sull'Adriatico, e sapendo che io non potevo permettermi di lasciare il solleone di Firenze, mi invitò a passare qualche giorno con lui, alla Villa Adriatica. Accettai di buon grado l'affettuoso invito e quei pochi giorni di Rimini sono tra i più luminosi ricordi della mia giovinezza. Si stava tutto il giorno insieme, passeggiando nei lunghi viali che costeggiano il mare... (ibid.).
Fu qui che Baltrušajtis gli parlò di un suo progetto di poema o dramma dedicato alla figura di Cristoforo Colombo: "simbolo eterno del genio che va verso l'ignoto". E particolarmente commovente è l'annotazione:
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Quando si fu giunti, col treno, alle verdi campagne che si stendono fra il Trasimeno ed Orvieto, vidi ad un tratto illuminarsi di gioia il volto di Baltrušajtis.
— Guarda — mi disse.
Mi affacciai al finestrino e vidi, in un bel prato, un branco di rosei porci, che un giovane in camicia bianca conduceva alla pastura.
— Vedi — mi disse — da ragazzo, nelle pianure della mia Lituania, sono stato anch'io guardiano di porci e non posso rivederli senza commovermi. Ora mi accorgo che furon quelli gli anni più felici della mia vita. Feci male ad abbandonare la mia campagna, la mia patria, per cercare il dolore nelle letterature e nelle città. Eumeo è la più poetica figura dell'Odissea (ibid.).
Alla corrispondenza tra Baltrušajtis e Papini è dedicato un lungo studio di Fausto Malcovati uscito nel 1979 (Malcovati 1979). A quella corrispondenza si riferiscono numerosi lavori successivi e non solo dedicati a Papini (penso, ad esempio, a un interessante saggio sulla poesia di Campana Il russo che si vuole ispirata proprio a Baltrušajtis [Chiari 2012]), e tuttavia, a tutt'oggi, questo interessantissnno documento rimane inedito a differenza, ad esempio, della corrispondenza tra Baltrušajtis e Amendola (Amendola Kühn 1960).
E opportuno ricordare che al momento non sono note le lettere di Papini a Baltrušajtis, anche se la complessa storia del retaggio archivistico del poeta lituano fa sperare anche in futuri inattesi ritrovamenti e scoperte.
Nel suo saggio Malcovati offre numerosi spunti per la rilettura dell'opera di Baltrušajtis e la sua collocazione nel panorama intellettuale italiano e europeo. Qui vorrei riprenderne alcuni passando a una rassegna certo a volo d'uccello, ma quanto più possibile precisa e mirata alle lettere del nostro, anno dopo anno.
Innanzitutto la corrispondenza offre ricchi dati sugli spostamenti di Baltrušajtis negli anni 1905-1908, ora in Italia, Firenze, Rimini, Roma, ora in Germania, Svizzera con i vari rientri in Russia. Esse costituiscono certamente uno strumento utilissimo per ricostruire tanti dettagli biografici e chiarire numerosi collegamenti con luoghi e persone. Allo stesso tempo esse offrono dati chiarificatori sui contatti tra la rivista "Vesy" e Papini in relazione alla pubblicazione sulla rivista delle sue rassegne sulla letteratura italiana contemporanea. Di questo tema, — ricordo che Papini pubblicò complessivamente 5 articoli tra il 1904 e il 1908 e forse a lui appartengono anche alcune note bibliografiche, — ha scritto ampiamente Nikolaj Kotrelëv nel suo saggio succitato (Kotrelëv 1978). Si parla anche della possibile traduzione e edizione di Un uomo finito e di alcune novelle, ora nella traduzione di Eva Amendola, ora in quella di Anna Kolpinskaja, autrice fra l'altro di un ampio saggio sulla poesia di Baltrušajtis apparso su "Rassegna Contemporanea" nel 1914 (Kolpinskaja 1914, Garzonio 2009).
Già dopo l'uscita di Brjusov dalla redazione della rivista, com'è noto, apparve la traduzione della novella L'ultima visita del gentiluomo malato. Naturalmente per un quadro più generale delle questioni propriamente legate alla traduzione e pubblicazione di testi italiani su "Vesy", "Russkaja mysl" e poi "Zavety" sarebbe necessario allargare la prospettiva ad altre corrispondenze, specie quella di Baltrušajtis con gli Amendola, Vailati e Vannicola, ma questo rimane al momento al di fuori della presente rassegna.
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Come già accennato il sodalizio tra Baltrušajtis e Papini è fin dal primo incontro caratterizzato da una piena consonanza spirituale che nelle tante lettere di Baltrušajtis del 1905-1906 acquista i tratti di una vera e propria fratellanza mistica.
Non è dunque casuale che qualche anno più tardi Papini scrivesse di Baltrušajtis in una lettera a Valerij Brjusov del 28 XI 1910 dopo aver ricevuto in dono dal poeta russo un copia del libro Zemnaja Os': "Baltrusciaitis m'a parlé souvent de vous. Il vous aime beaucoup et comme il y a quelque chose de moi dans B. je vous aime aussi — un peu..." (Kotrelëv 1978: 154).
La lettura della corrispondenza, fin dalle prime lettere, chiarisce con evidenza la corrispondenza spirituale, ma anche la sinergia creativa che caratterizza il rapporto tra i due scrittori. In alcuni passaggi Baltrušajtis tende a definire poeticamente il proprio sodalizio con Papini:
Bisogna riposare, liberarsi di questo raccoglimento e tensione terribili, almeno per qualche giorno, mettersi un po' in oblio di qualsiasi sogno meno sanguinante, lavare un po' la crudele amarezza dalle labbra secche. In che triste modo si consuma la vita nostra! Della sosta! Del riposo! Del buon sonno senza visioni, senza incubi! O meglio così... Nel terribile cerchio dei boschi ardenti, delle montagne che crollano, dei fiumi ignei! O meglio così... Nelle vicende di sforzi sovrumani, nella furia della corsa sull'orlo di abissi vertiginosi, nel volo procelloso e smisurato fra i rombi e squilli e gridi tra i denti strettissimi, col petto nudo, aperto al fumo, alla fiamma, ai venti brucianti! E con calma — laggiù... perché veramente, per noi, non c'è ombra abbastanza densa per riposarci tranquilli, non c'è silenzio dove non penetrasse sussurro instancabile e vigilante il quale ci chiama, ci ammonisce, ci stringe, ci fa cauti. Tutt'altro non è che inganno, illusione, la fiammella errante la quale fa solamente il deviare inutile... Su, su, zingaro! La pianura è immensa! Non c'è tempo per guardare come siano fatte le botteghe e gli alberghi umani, divertirsi della contemplazione, dello scarso svago della vita vilmente cotidiana. Bisogna affrettarci il passo verso la Festa grande! Ecco la strada! Ecco la rugiada del mattino! E poi verrà la pienezza del mezzogiorno. E poi la calma della sera — e la campana conciliatrice — e poi la grande Notte, il regno vastissimo del di là di ogni lamento, di ogni sospiro, di ogni anatema. E sia così!" (Baltrušajtis-Papini 10.VII.1905).
Nelle lettere possiamo rilevare anche alcune affermazioni di carattere storico-politico che, sia detto per inciso, evidenziano la piena organicità all'epoca di Baltrušajtis con il mondo russo. Quanto detto vale, ad esempio, per il giudizio che il poeta dà della guerra russo-giapponese:
E finita la comedia si vuol strettamente chiudere tutte le finestre che danno sul deserto umano, impoverito dagli zar col loro Witte without wit, per concludere la più intima alleanza colla sua lampada cellulare. Amen. Non credevo che l'Uomo fosse vile e stupido in tal grado. In tutto l'affare Kuropatkin-Witte c'è anche finissima ironia intrinseca. Me ne rallegro. E poi questa Pietroburgo che riceve la pace suo malgrado! E poi questo Witte che propone a Konura ½ Sakhalino, mentre Komura — ne sono sicurissimo — aveva da Tokio l'istruzione di rinunciare al Sakhalino. Che bel regalo! E Komura non è riuscito a nascondere la sua gaia sorpresa mettendosi
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d'accordo in fretta perché Witte non ritirasse il suo dono regale! Brava gente! No, no! Tutto sta benissimo! Me ne rallegro!" (Baltrušajtis-Papini 2.VIII.1905).
Ma quello che mi sembra particolarmente rilevante è il complesso di riferimenti alla propria attività letteraria e al proprio mondo poetico. Se nelle lettere sono presenti continui riferimenti alla dimensione filosofico-esistenziale del mondo artistico di Baltrušajtis, in esse sono rintracciabili anche interessanti dettagliate disamine della propria opera. Porto come esempio il seguente brano:
Può darsi che io e Tiutcev abbiamo qualche linea comune. E me ne rallegro. Baratynski — benché dovrei conoscerlo — non conosco. Sono sicuro che molti imbecilli parleranno di qualche influenza di quei due grandissimi russi. Ma ognuno che distingue l'anima un po' sa benissimo che l'accordo mio è ben diverso, è solitario senza paragone. Chi dice altro è un cieco, un sordo. E poi devi una volta per sempre sapere che nessuno mi conosce. Anche fra miei pochissimi amici intimi. Perché per esempio — ¾ del mio libro che si stampa non l'ho letto a nessuna anima viva. Il mio mondo lirico, l'ho fatto nella solitudine della mia volontà, nel silenzio delle mie tristezze, dei miei spasimi, troppo profondi per comunicarli a qualcuno. Fuori forse di te solo. Ogni opinione non m'importa, ma vorrei però sapere il nome (Baltrušajtis-Papini 10.XI.1910).
Molte notizie sono inoltre relative all'opera di Baltrušajtis traduttore. Concretamente nelle lettere si parla delle traduzioni da Byron e Molière. E ancora ai molti progetti sui quali varrebbe la pena indagare in modo più approfondito.
Accanto a ciò sono numerosi anche i dati fattuali di incontri e collegamenti a uomini della cultura del tempo che necessitano certamente di ulteriori approfondimenti. Mi riferisco, ad esempio, all'amicizia di Baltrušajtis con Gordon Craig conosciuto a Firenze (Sardelli 1987), o ancora agli incontri legati al Congresso internazionale di Filosofia di Bologna dell'aprile 1911, al legame con Lev Šestov e molto ancora.
D'indubbio rilievo sono infine i testi poetici dello stesso Baltrušajtis presenti nelle lettere. Accanto al già noto ritratto di Papini,
Ritratto di Giovarmi Papini scritto da Juighis-Bey |
Il tuo avere—?—Niente a nolo. |
Il tuo seguire—?—Altissimo volo! |
Il tuo compagno—?—Da solo! Da solo! |
Che cos'è che fai—?—Il mio destino! |
Un tuo tesoro—?—Cammino! Cammino! |
Ma cos'è che cerchi—?—Cuore umano! |
Per dove tu vai—?—Lontano! Lontano! |
Ma dimmi il vero—per dove—?—Già dissi |
Che cos'è che fai—?—Il mio destino! |
Ma strade—luoghi—?—Certissimi! Fissi! |
Ma nome—il nome—?—Abissi! Abissi! |
Firenze, 21 maggio 1905 Giorgio Baltrusciaitis |
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si registrano alcuni testi tradotti da Baltrušajtis che mettono a fuoco la competenza e la sensibilità linguistica del nostro in una lingua come l'italiano nella quale Baltrušajtis mostra di sapersi muovere con proprietà e gusto. Ne riporto due esempi eloquenti (traduzioni delle poesie Ave, Stella Maria e Ave, crux dalla raccolta Zemnye stupeni):
Ave, Stella maris |
Presto si scioglie la riva sottile, |
È gaio il pilota al timone, |
Come una striscia quasi invisibile |
Si segna la terra. |
Tutta bolle la pianura viva |
Io sono solo sopra le tenebre azzurre, |
Sollevando le turbini della spuma |
Urla l'abisso sotto la poppa. |
La forza, Procella! Tendi con tutto il tuo slancio |
Il velo bianco. |
Perché, coronando la volontà coraggiosa |
Si aprano tutti i cerchi. |
Suomi, nella corsa senza tregua, |
Si alzano le onde dopo le onde, |
Nella loro lotta perenne |
Io solo sono la calma e il silenzio... |
Senza tremito, senza tristezza |
Fermenta nel cuore il vino novello, |
E io vedo chiare nel sogno le lontananze |
Delle terre sconosciute e nuove. |
1910.6. |
Ave, Crux, spes unica |
Lascia il tuo tetto, il tuo picciol focolare, |
Il sogno nel petto insonne, |
E accumula le rocce su le rocce |
Nel silenzio del cielo. |
Il mondo di Dio ancora non è creato, |
Il tempio eterno non è ancora finito, |
Non è distribuito che il marmo e legna, |
Non è data che la forza alle mani. |
Fabbricando la strada alla fortezza dei monti, |
Rompi il granito, togli via i colli, |
Illumina il tuo buio tenace |
Colla favilla strappata dalle tenebre. |
Che lo splendore del pensiero creatore |
Nutre i tuoi sogni vivi, |
Che attraverso gli abissi fatali |
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Passano i ponti. |
Solamente facendo il tuo dovere severo, |
Nel mondo del sonno, della menzogna dama, |
Tu allargherai con una linea novella |
I limiti secolari. |
Solamente consacrato il tuo spirito alla pazienza, |
Da essa salvato, e giustificato, |
Tu sarai un piccolo scalino |
Nella oscura scala dei secoli. |
Baltrušajtis ne chiarisce anche il ritmo nell'originale:
Bròs svoi kròv, sciàg svoi màly, |
Son v toskùjushej grudì, |
I gromàdy skàl na skàly |
V vys nemùju gromosdì |
Nelle lettere a noi giunte Baltrušajtis afferma di aver inviato a Papini anche altre traduzioni e gliene promette delle nuove. Purtroppo nell'archivio di Papini queste altre traduzioni non si sono conservate e anzi, se leggiamo con attenzione in questa prospettiva le tante lettere di Baltrušajtis a Papini, ne deduciamo che molte missive a cui si fa riferimento o che vengono annunciate sono in realtà andate perdute. Questa circostanza risulta ancora più evidente se si tiene conto che i due corrispondenti distinguono tra "lettera breve" di carattere propriamente informativo e "lettera lunga" o addirittura "lunghissima" di contenuto meditativo-filosofico o artistico. Spesso troviamo riferimento a lettere lunghissime inviate o annunciate delle quali poi non è rimasta traccia nell'archivio. Un fatto questo che costringe a qualche equilibrismo interpretativo o congetturale.
Lo studio e l'edizione della corrispondenza tra Baltrušajtis e Papini può essere un primo passo verso una disamina complessiva del retaggio epistolare del grande poeta russo-lituano con i tanti corrispondenti italiani, tenuto anche conto che qualcosa si è già fatto, come testimonia la pubblicazione non sempre completa delle lettere agli Amendola e delle lettere a Caffi, Prezzolini, Soffici e Vailati.
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R. Vassena, F. Malcovati, Jurgis Baltrušajtis, http:// www.russinitalia.itidettaglio.php?id=830. |
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